L'ordinanza della Cassazione-Sezione lavoro civile n° 11697/2020 fornisce uno spunto utile per poter tirare una riga, fare una sorta di bilancio giurisprudenziale, utile intanto all’avvocatura ma soprattutto agli operatori economici e agli addetti del settore investigativo.
Si tratta dell’ennesimo ricorso operato da un lavoratore licenziato a seguito di una investigazione aziendale sui dipendenti, questa volta nei confronti di una sentenza della Corte di Appello di Genova che, a sua volta, ne aveva già rigettato le istanze.
Si tratta di un dipendente in infortunio che lamentava all’azienda “un trauma contusivo con lesione lacero contusa” che invece mentre era assente dal lavoro, poiché in infortunio, “si era in realtà dedicato ad attività fisiche, pedalando per ore e camminando per il centro cittadino con il figlio sulle spalle”, come recita il testo della sentenza e come dimostrato dalle investigazioni lavorative eseguite dalla società incaricata con adeguato apparato probatorio.
Per alcuni aspetti la sentenza, essendo relativa ad un caso di assenteismo per infortunio e non a quello per malattia, è ancor più rilevante, in quanto, come noto, l’infortunio non presenta caratteristiche di reperibilità e di ispezione previdenziale simili a quelle della malattia.
Il ricorrente obiettava l’illegittimità dell’azione dell’agenzia investigativa, invocando l’esenzione dalla reperibilità per i lavoratori subordinati.
La Cassazione del Lavoro ritiene il ricorso infondato con questa motivazione: “va rilevato che congrua deve ritenersi la sussunzione della fattispecie e rispettosa del disposto di cui agli artt. 2, 3 e 4 L n. 300/70 essendo legittimo servirsi delle agenzie investigative per verificare l'esatto adempimento delle obbligazioni facenti capo al dipendente con riguardo a comportamenti tenuti al di fuori dell'ambito lavorativo disciplinarmente rilevanti (ex plurimis, Cass. n. 12810 del 22 maggio 2017)” e ancora “a guardar bene, infatti, non si verte in ipotesi di controllo datoriale circa l'esecuzione della prestazione ma, invece, di verifica e controllo di un comportamento extralavorativo illecito, fondata sul sospetto del mancato svolgimento illegittimo dell'attività lavorativa per l'insussistenza della incapacità lavorativa nel caso di specie invece presente”.
La sentenza assume importanza proprio perché ribadisce che non va messo in correlazione l’aspetto previdenziale, in questo caso, in capo all’Inail, nella fattispecie di malattia, come noto, all’Inps, con il danno di produttività che l’impresa subisce allorché un dipendente perpetri in modo illecito un’assenza ingiustificata dal posto di lavoro.
Il concetto è rafforzato anche dal ribadire che l’azione investigativa non è afferente al controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative, vietato dalle normative e dallo statuto dei lavoratori, ma inerente a comportamenti tenuti al di fuori dell’ambito lavorativo tuttavia rilevanti disciplinarmente rilevanti.
Quindi laddove vi sia il sospetto di un atto illecito da parte del dipendente, diviene legittimo per l’impresa avvalersi dell’agenzia investigativa al fine di produrre prove legalmente valide per poter sostenere un contenzioso lavorativo.
Concetti talmente consolidati che nel dispositivo di sentenza si prosegue in questo modo: “in casi quali quello di specie nei quali il datore di lavoro sia indotto a sospettare che il mancato svolgimento dell'attività lavorativa sia riconducibile alla perpetrazione di un illecito anche il solo sospetto o la mera ipotesi che un illecito sia in corso di esecuzione giustifica l'espletamento del controllo (sul punto, fra le altre, Cass. n. 848/2015), né rileva la circostanza che si trattasse di infortunio sul lavoro e non di assenza per malattia e, quindi, non fosse richiesta reperibilità ed esperibile visita fiscale”.
L’assenza di correlazione tra previdenza e produttività, tra obbligo di reperibilità e danno di produttività e diritto all’investigazione privata, viene nuovamente ribadita e rafforzata con riferimenti ancor più espliciti in questo passaggio.
Il ricorrente presenta un ulteriore motivo di ricorso invocando la sproporzionalità tra la sanzione erogata dall’azienda e il proprio comportamento, paventando anche “l’ insussistenza dell'obbligo di rientro in anticipo sul periodo di inabilità risultante dalla certificazione INAIL”.
Anche in questo caso è utile illustrare come l’organo di terzo grado abbia rigettato la motivazione ricorrente “va rilevato, al riguardo, che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., sul punto, Cass. n. 25162 del 26 novembre 2011, nonché Cass. n. 20433 dell'Il ottobre 2011) le disposizioni dell'art. 5 della legge 20 maggio 1970, n.300, in materia di divieto di accertamenti da parte del datore di lavoro sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e sulla facoltà dello stesso datore di lavoro di effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato d'incapacità lavorativa e, quindi, a giustificare l'assenza”, proseguendo poi “nel caso di specie, la Corte d'appello ha ritenuto dimostrate tutte le circostanze di fatto oggetto della contestazione disciplinare posto che, come rilevato dal primo giudice con statuizione non oggetto di censura, tali circostanze hanno trovato conferma nelle dichiarazioni rese dai testi informatori ed ha adeguatamente motivato in ordine all'insussistenza di un comportamento improntato a correttezza e buona fede sulla base della perdurante assenza dal lavoro del dipendente nonostante l'intervenuta guarigione dimostrata dallo svolgimento di intensa attività ciclistica nonché di altre attività ludiche giudizialmente accertate”.
In questa sentenza vengono nuovamente tracciati i confini tra legittimità dell’azione investigativa e diritti del lavoratore, sancendo in primo luogo il diritto dell’azienda di avvalersi dell’investigatore privato, laddove sia vigente anche il solo sospetto di una azione illecita da parte del dipendente, e in secondo luogo ribadendo che tali azioni investigative non possano essere riguardanti il controllo datoriale delle prestazioni lavorative.
Quest’ultima sentenza concorre a modulare un apparato giurisprudenziale che traccia in modo oramai abbastanza esaustivo in quali casi l’azienda può utilizzare l’investigatore privato per verificare se il dipendente violi o meno l’obbligo di fedeltà e di correttezza nei confronti del datore di lavoro. E’ importante sottolineare di nuovo, a fronte di interpretazioni talora speciose, che è sufficiente i “mero sospetto”.
1) Assenteismo per simulazione dello stato di malattia: come visto anche in questo ultimo dispositivo di sentenza, nulla attiene all’attività di investigazione aziendale, l’aspetto ispettivo e previdenziale di cui si occupa l’INPS;
2) Assenteismo per simulazione dello stato di infortunio: anche in questo caso vale il discorso precedente, così come nulla afferisce il mancato obbligo di reperibilità a fronte di infortunio, soprattutto laddove si perpetra indebitamente e scorrettamente l’assenza per infortunio;
3) Assenteismo per uso scorretto dei permessi in base alla Legge 104: giurisprudenza meno storicizzata ma convergente sotto il profilo dell’attività investigativa, demandando agli organi competenti la valutazione degli elementi probatori reperiti dall’agenzia investigativa e la proporzionalità della sanzione disciplinare in merito al grado di infrazione
4) Infedeltà del dipendente: casi in cui il dipendente opera per imprese concorrenti o svolga attività incompatibili al mantenimento dell’obbligo di fedeltà e correttezza, nel periodo di assenza;
Questi sono i casi che sono riguardanti l’attività del dipendente durante il periodo di assenza dal lavoro, occorre tuttavia anche esaminare il resto dello spettro delle investigazioni aziendali possibili a supporto del settore risorse umane dell’impresa.
Sigent Investigazioni, azienda specializzata nelle investigazioni aziendali sui dipendenti, offre, come altri istituti investigativi del settore, un dek di servizi dedicati all’ausilio della Human Resources Management.
Infatti se l’assenteismo dei dipendenti investe gran parte delle occorrenze di gestione del personale, per quanto riguarda gli affidamenti di incarichi agli investigatori privati, certamente il supporto di agenzie specializzate, seppur debba essere considerato una sorta di estrema ratio e non un controllo sistematico che investa l’intero parco dipendenti, non esaurisce certamente i casi in cui un’azienda ha esigenze e può rivolgersi ai detectives privati.
Un’altra gamma di indagini è quella che afferisce al tema della infedeltà.
L’infedeltà interna non comporta un “semplice” danno di produttività come l’assenteismo bensì cagiona all’impresa un danno sistemico, andando a minacciare direttamente il know how ed il valore aggiunto, nonché il cosiddetto patrimonio immateriale.
Si parla anche di informazioni di valenza strategica quali processi aziendali e progetti industriali ma anche di informazioni economicamente rilevanti come quelle su clienti e fornitori; il principio del “patto fiduciario” che deve intercorrere tra datore di lavoro e dipendente viene messo in discussione dalle fondamenta allorché il dipendente si mostri concretamente aduso a lavorare a danno dell’impresa e in spregio dei suoi interessi.
I principi basici della legittimità dell’azione investigativa, emersi e consolidati negli ultimi anni da varie fonti normative, tra cui spiccano quelle della Corte di Cassazione, sono più o meno ricorrenti:
- L’azione investigativa deve avvenire al di fuori dell’espletamento delle mansioni lavorative, fuori dal contesto dell’azienda
- Deve vigere un principio di proporzionalità tra il diritto che l’azienda deve far valere e quello che viene interessato dall’azione di investigazioni. Al riguardo va chiarito che l’azione investigativa per sua stessa natura è invasiva ed invade la privacy dell’investigato, pertanto deve sussistere il sospetto di un danno la cui lesività agli interessi aziendali e/o al rispetto del patto fiduciario, sia tale da giustificare l’intervento investigativo
- Vi deve essere adeguato trattamento dei dati sensibili da parte sia dell’azienda che dell’agenzia investigativa, con norme che l’Autorità Garante ha definito e che sono costantemente oggetto di aggiornamento, a tutela di tutte le parti coinvolte, in primis, in questo specifico ambito tematico, i dipendenti stessi
E’ chiaro che il sospetto di un’azione di infedeltà del dipendente ai danni dell’impresa costituisce una valenza legalmente adeguata ad innescare la legittimità dell’azione investigativa, poiché se il sospetto venisse confermato dagli elementi di prova eventualmente raccolti dall’investigatore privato, sarebbero direttamente interessati il rapporto di buona fede, fedeltà e correttezza nonché si profilerebbero anche altri illeciti di carattere civile, e, in talune circostanze, di rilevanza addirittura penale.
Parlando di illeciti, anche penali, non si può non citare anche le nuove circostanze normative che devono guidare l’operato degli investigatori privati e delle imprese che li assumono, per contrastare fenomeni purtroppo in crescita all’interno dei circuiti aziendali, quali furti, danneggiamenti, sabotaggi ed appropriazioni indebite.
Se lo statuto dei lavoratori ha chiarito, anche in sede della recente riforma del Job Act, che l’uso di strumentazione audio/visiva per monitorare l’operato dei dipendenti anche a distanza, sia lecito ma solo per la tutela della sicurezza e del patrimonio aziendale nonché se funzionale ad esigenze produttive ed organizzative, rimane vigente il principio in base al quale il lavoratore non possa essere oggetto di sorveglianza quando lavora e quando si trova all’interno delle mura domestiche.
L’installazione di tali apparecchiature ed il loro uso, in casi pertinenti e di particolare gravità, con l’ausilio di investigatori aziendali, è consentito, previo accordo con le rappresentanze sindacali e tenendo presenti i presupposti giuridici che hanno guidato lo spirito legislativo.
La convinzione di “essere nel giusto” da parte dell’impresa, sovente fondata sotto il profilo etico, non può prescindere dal recinto normativo entro il quale l’agenzia investigativa si deve muovere, a tutela del cliente, al fine di non disperdere il valore di prove raccolte che si rivelino impresentabili e controproducenti processualmente.
Benché occorra riconoscere come la giurisprudenza sia evoluta negli ultimi anni sedimentando con le varie sentenze un quadro più o meno netto, restano zone d’ombra, facile sponda per eventuali ricorsi da parte di dipendenti infedeli ed assenteisti assistiti dai loro legali rispettivi.
Rivolgersi ad un’agenzia specializzata in investigazioni aziendali è certamente auspicabile quale che sia il caso in oggetto e quale che sia la dimensione dell’azienda.